24 maggio 2007

TELO VOLANA IZAY

Paola ha inviato una bellissima testimonianza. Buona lettura!

Ciao a tutti,

in occasione di questa Pentecoste, volevo rendervi partecipi di una bellissima testimonianza che ho ricevuto non molto tempo fa da un giovane padre di nome Giovanni ordinato sacerdote a 24 anni e dal dicembre del 2006 in missione in Madagascar dove vi rimarrà per 10 anni.

La testimonianza mi ha "toccata sul vivo", sono felice di questo dono semplice e inatteso che un amico lontano mi ha voluto fare: il Signore opera per davvero attraverso vie misteriose e del tutto originali!

Ancora per questi pochi giorni buona Pasqua a tutti!

Paola-Agazzano


« TELO VOLANA IZAY

"E' da tra mesi" che sono qui. Allora continuo a raccontare qualcosa di quello che vedo, per farvi partecipi delle cose bello che vivo. Questa volta più che riflessioni vorrei raccontarvi la pasqua che ho trascorso.

Sono andato con don Giovanni Caselli in una delle parrocchie di p. Max dei Fratelli della Carità, al villaggio di Amboimanzaka, a una cinquantina di km da Ambositra. Chiariamo subito: per fare quei 50 km ci abbiamo messo circa tre ore. Perchè l'asfalto l'abbiamo salutato dopo i primi 3 km, appena usciti da Ambositra. La strada era tutta in terra, e in certi punti, dove era più rovinata a causa delle pioggie, si inventavano scorciatoie (o meglio "allungatoie" attraverso gli alberi). Gli ultimi km erano poi un sentiero di montagna, sufficiente appena per la macchina (siamo andati con un 4x4), di salite e discese, o comunque di sobbalzi continui tra sassi e buche. Amboimanzaka è un villaggio di 500-600 persone (all'anagrafe non hanno saputo dirmi il numero preciso...), abitato dagli Zafimaniry, una delle etnie del Madagascar (in tutto saranno 18000?), quelli molto abili nel lavorare il legno, soprattutto il palissandro, anche se adesso si fatica a trovarlo, perchè un palissandro ci mette parecchi decenni per crescere ed essere utilizzabile. Le abitazioni sono capanne in legno, a parte la chiesa, la canonica e altre tre case, che sono in mattoni e col tetto in lamiera. Le case sono molto piccole, come piccolo è tutto il paese, molto raccolto. Il paesaggio intorno è semplice ma bello, molto verde, c'è una piccola cascata dove si va a fare il bucato.

Arrivando con la macchina, il sentiero scende, per cui vedi il villaggio dall'alto, e ti accorgi di come sia piccolo. Arrivando poi, l'impressione è che non ci sia quasi nessuno, solo qualche bambino incuriosito per l'arrivo di una macchina. Poi, entrando in paese, attraversandolo perchè la nostra casa era all'altra estremità vicino al torrente e alla cascata, vedevi arrivare bimbi e persone da tutte le parti, ed erano tantissimi! Tutti i bimbi all'arrivo sono venuti a salutarci, qualcuno un po' impaurito per questi due stranieri, altri più coraggiosi ed estroversi. La nostra casa era vicino alla chiesa e alla canonica (che fa anche da scuola e magazzino, e altre cose se necessario), una casetta in legno fatta fare da p.Max per accogliere gli ospiti e anche i turisti; e' molto semplice ma carina. Non c'è corrente elettrica, non c'è acqua corrente, non ci sono servizi igienici (devi andare in vicino alla canonica per i servizi, che ai nostri occhi e per le nostre abitudini non paiono tanto igienici, ma sono un inizio, e comunque ci facevano sempre trovare l'acqua scaldata per lavarci). La casa era composta da due vani: in uno c'erano due letti, nell'altro c'erano un letto e un tavolino (ho dimenticato di dire che con noi era venuto anche un seminarista di Ambositra a fare un po' di esperienze pastorali). La stanza con il letto e il tavolo serviva per dormire a uno di noi e poi per pranzare tutti, ed era anche la "sala riunioni" per preparare la liturgia con i responsabili della parrocchia.

Forse è un inizio un po' lungo, ma mi sembra utile. Anche perchè due delle cose che mi hanno colpito subito sono state proprio queste: la semplicità, sobrietà - diciamo pure povertà - del luogo, e la grande accoglienza verso noi "mompera". Le cose erano poche e certo non molto "ricche", ma tutte molto curate per noi. La gente ci ha servito e riverito. Mi stupisce sempre vedere come chi ha poco riesca ad accogliere in modi sorprendenti. Penso sia per due motivi: uno perchè ti danno il meglio di quello che hanno, e te ne accorgi, lo precepisci; secondariamente perchè quando arrivi in certi posti e condividi qualcosa delle condizioni della gente, bè, anche le nostre esigenze e pretese si riducono o si relativizzano, lasci perdere "tante balle" e ti lasci accogliere più facilmente. L'avere tante cose, che di per se dovrebbe permettere un'accoglienza migliore, in realtà mi sembra che ostacoli, perchè poi ci preoccupiamo forse troppo di dare cose, servizi, "agevolazioni", che ci fanno distrarre dal cuore dell'accoglienza: esserci noi, che è il nostro meglio, e gli ospiti. In questo forse dovremmo semplificare le cose.

Siamo arrivati il giovedì a pranzo, dopo aver celebrato in cattedrale ad Ambositra la messa crismale. Dopo il pranzo e un po' di riposo, Intorno alle 17 abbiamo iniziato la messa in coena domini. Ha avuto inizio fuori dalla chiesa, leggendo il brano di vangelo in cui Gesù manda i discepoli a preparare la casa per mangiare la pasqua. Cosicchè alcune persone sono entrate in chiesa, e durante il canto, mentre entravamo noi con il resto dell'assemblea, hanno preparato l'altare e il presbiterio. Alle 18.30 eravamo all'inizio della liturgia della parola. Tutto viene cantato. Poi la lavanda dei piedi, che non abbiamo fatto dopo l'omelia ma durante la preghiera eucaristica, dopo il racconto dell'istituzione, appena finite le parole di Gesù "fate questo in memoria di me". E noi (io e don Giovanni) abbiamo lavato i piedi a dodici persone, e poi queste dodici persone hanno lavato i piedi ad altre dodici persone sedute tra la gente.

Ricordo che in Italia, lavando i piedi (ma anche quando da ragazzino era toccato a me di farmi lavare i piedi dal mio don) trovavi dei piedini lindi e profumati, calzine bianche, borotalco che era ancora nell'aria... bè i piedi che ho toccato, lavato e baciato qui erano tutt'altro: piedi duri, con una pelle che è diventata una corteccia, per i tanti km fatti a piedi e scalzi, piedi polverosi, callosi, sporchi... Non so come fossero i piedi dei discepoli quella sera, ma so che Gesù non ha lavato i nostri piedi dopo che ci avevamo messo il borotalco, cioè, per dirla con s.Paolo "... Dio dimostra il suo amore verso di noi perchè, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8). Toccare, lavare e baciare quei piedi mi ha aiutato a sentire la grandezza dell'amore di Gesù per noi, che non si è fermato davanti a nulla ed ha amato "fino alla fine" (Gv 13,1). Poi abbiamo ripreso la preghiera eucaristica. A questo punto è d'obbligo una precisazione per i liturgisti più preparati che leggeranno queste righe: non abbiamo seguito le rubriche, e forse certe cose andrebbero pensate di più. Ma prima di essere giudicata una liturgia va vissuta.

Dopo la celebrazione (che è durata circa 3 ore e mezzo), per tutta la notte c'è stata la veglia di preghiera, un po' come si fa da noi. Gruppi di persone (hanno cominciato i bambini, poi i giovani, le donne, gli uomini...) a vegliare e pregare e cantare. Canti che si sentivano in tutto il villaggio (un po' perchè il villaggio è piccolo, ma anche perchè cantavano veramente con tutte le loro forze). Alla mattina le lodi, come avviene ogni giorno della settimana per ogni giorno dell'anno... la preghiera del mattino inizia alle 7, e siamo in una decina alle lodi, poi mentre si prega arrivano in silenzio persone che si accomodano nei banchi. E' la preghiera che convoca e accoglie (alla fine delle lodi saremo stati una cinquantina). Che bello! Che semplicità e forza! Poi il venerdì santo alle 14.00 la via crucis, partendo dal sentiero a monte del villaggio. Arrivo in chiesa e liturgia della Passione del Signore. Qui, siccome il culto dei morti è molto importanti, la parte del vangelo in cui Gesù è sepolto viene letta alla fine della liturgia (dopo la comunione), viene in un certo modo "trasportato" il feretro nel luogo stabilito - per noi era in fondo alla chiesa - e poi un raiamandreny, cioè un anziano, fa il discorso di ringraziamento per essere venuti a far visita al morto, cosa che fanno nei loro funerali, e che sentono come molto importante (e lo è davvero, avendo anche ricadute "sociali" nei rapporti familiari).

Abbiamo terminato dopo le 18. Il sabato santo abbiamo celebrato alle 20.00, e sono venute persone anche dai villaggi vicini che non avevano le liturgie, così anche domenica. Abbiamo iniziato con il fuoco pasquale e il cero, nel buio di quella notte e di quella chiesa senza lampioni o lampadine, con il canto dell'exultet fatto dai bambini della scuola materna veramente bello, veramente exultet! per la potenza unita all'armonia delle loro voci. La veglia e la messa sono finite alle 24.30. Ma assolutamente non pesanti, anzi. Soprattutto per loro, che dopo la liturgia hanno continuato in chiesa a cantare e fare alcuni balli tradizionali, proposti dai giovani e dai ragazzi. Io alle due sono andato a letto, loro hanno continuato. La mattina, nella messa di Pasqua, prime comunioni di 26 bambini (di età diverse, tra i 7 e 14 anni circa), anche di una ragazzina battezzata la sera prima. Anche qui tre ore di celebrazione. Del tanto tempo passato in chiesa, rimane proprio che non è assolutamente pesato, anzi.

Certi posti, riflettevo con don Giovanni Caselli, sono proprio più "evangelici". E non perchè là la gente sia più santa o meno peccatrice, o che la logica evangelica lì determini lo stile di vita, anzi. Ci sono i santi e i peccatori là come in tutti gli altri posti della terra. Ma è che la povertà della gente e dei posti è stata la scelta di Gesù venendo nel mondo: ha scelto di nascere, vivere e morire povero, tra dei poveri (i pastori a natale e i ladroni o qualche donna che lo seguiva a pasqua, e poi per tutto il resto della sua esistenza). Per questo tali posti ti aiutano a celebrare: non c'è luce elettrica, e il cero diventa davvero la lampada che guida i nostri passi, e la chiesa è davvero illuminata dalle candele luci del nostro battesimo; non ci sono libretti o foglietti per i canti, ma tutti cantano e cantano a squarciagola; la gente non ha l'orologio e non ha fretta quando celebra, sa ascoltare il tempo scandito dalla campana della liturgia. Questa piccolezza è davvero grande.

E' Gesù che scegliendola l'ha resa grande o Lui l'ha scelta perchè è essa che è grande? O tutte e due le cose? Comunque, mi è sembrato davvero di percepire che questa piccolezza è grande proprio perchè c'è dietro, c'è dentro, c'è intorno, Dio. L'immenso. Che dispiacere vedere un mondo intero che corre dietro alla grandezza, alla ricchezza, alle complicazioni. E diventa dolore quando a correrci dietro sono persone che conosci e a cui vuoi bene. Chissà quanto avrà sofferto Gesù di questo: con Giuda, coi capi del popolo, coi discepoli... con noi.
Questa semplicità rendeva anche i gesti, magari fatti con poca grazia (nel sistemare i bimbi nei banchi, nel lavarsi i piedi della gente, nel dirigere i canti, nella poca bellezza degli oggetti e dei paramenti...) pieni di Grazia, cioè di una verità profonda che rende nuove e belle tutte le cose, anche le più scancherate.

E' stata una pasqua per me poca "attiva", cioè senza dover e poter fare molte cose. Ripensando alle ultime pasque in Italia è stata molto diversa. Ho avuto così modo di guardare, lasciarmi istruire, servire dalle persone che avevo intorno.
Sono grato a Dio per ciò che mi dona di vedere, di vivere. Mi verrebbe voglia di scrivere riflessioni con la pretesa di aiutarvi a vivere meglio la pasqua lì da voi... e so che qualcuno me le chiederà. Invece lascio a voi di tirare "le conclusioni". Anzi, vi invito a comunicarmele così possono aiutare me a convertirmi.

P.S.: nel descrivere il villaggio e la sua "vita" ho necessariamente trascurato tante cose, che meriterebbero di essere menzionate: di come stiano migliorando l'igiene e la pulizia (così diceva don Giovanni C. che era già stato lì più di una volta), di come la gente insieme a p.Max stia lavorando sodo per costruire strade, predisporre una turbina vicino alla cascata per avere corrente elettrica, migliorare l'istruzione... Il cammino è lungo, ma la pasqua ci insegna a non avere timore (e gli errori che vediamo oggi da noi "paesi avanzati" ci invitano a non avere troppa fretta).

Allora buona Pasqua a tutti voi, che vi regala tanta semplicità e tanta Grazia, don Giovanni R. »

07 maggio 2007

12 maggio, il Paese dei Balocchi a Fiorenzuola



Sabato 12 maggio a Fiorenzuola, un invito per tutti tratto dal sito dei catechisti piacentini:

« Carissimi catechisti,
questo è un invito in grande stile!

Il 12 maggio a Fiorenzuola si terrà un evento sensazionale: grazie alla collaborazione tra l’ACR parrocchiale e il Comune di Fiorenzuola, per tutto il pomeriggio l’intera città si trasformerà nel “Paese dei Balocchi”; tutte le strade si coloreranno e le persone impazziranno di felicità!

È un momento al quale non potete rinunciare, né voi, né i vostri ragazzi.
Attraverso giochi e attività tutto diventerà a misura di ragazzo e ciascuno potrà vivere una giornata nella città che ha sempre sognato.

Ballerini pazzi, pittori folli, geni incompresi e tanti altri personaggi saranno guidati dal Mastro dei festeggiamenti; egli ci ricorderà che non vogliamo una città a misura di asino, dove tutto, anche quello che non va bene, è concesso!

Vogliamo invece che il gioco possa diventare un elemento che dia forza al nostro crescere!
Per questo incontreremo anche il sindaco di Fiorenzuola al quale consegneremo, al termine della giornata, le chiavi e le mura della città dei ragazzi.

Insomma, lo avete capito, è un'occasione troppo grande perché vada persa!

Vi aspettiamo con i vostri ragazzi Sabato 12 maggio alle 15 e 30 in piazza Molinari. »